Il 23 novembre, alle ore 19:34, una fortissima scossa di terremoto di magnitudo 6,8 della scala Richter, investì una area di 17.000 chilometri quadrati, circa novanta secondi di paura e di stupore che provocarono la distruzione e la rovina di numerosi comuni della provincia di Avellino, Salerno e Potenza con riflessi gravi anche sul napoletano. La prima scossa fu seguita da una meno violenta ma di forte intensità e da tante scosse successive che spinsero la popolazione a invadere tutti gli spazi aperti, le automobili e altri automezzi divennero per giorni le stanze da letto delle famiglie campane. Le comunicazioni furono un altro problema legato al momento, la rete telefonica andò in tilt, purtroppo i cellulari erano di là da venire. La carenza di notizie amplificò le paure e non facilitò i soccorsi. La tragicità della situazione e la non rapida reazione da parte degli organi Istituzionali, può riassumersi nel famoso titolo dell’articolo del compianto giornalista Carlo Franco sul Mattino di Napoli “Fate Presto”.
Vogliamo nei prossimi giorni ricordare con Politica Meridionalista non solo quei difficili e dolorosi momenti, ma capire che cosa abbiamo imparato e fatto in questi anni per risolvere i problemi del passato, ma soprattutto come si siamo organizzati e attrezzati per affrontare nuove calamità naturali. Nel dicembre del 2008 fui invitato, in qualità di esperto di economia, a Messina in un convegno a 100 anni dal famoso terremoto, il mio compito, solo fra tanti geologi, geofisici, storici, era di parlare dei danni economici di un terremoto di tale portata. Ebbi modo di illustrare che il problema non era solo quello di calcolare i danni economici ex-post e i costi della ricostruzione, ma degli investimenti da fare ex-ante in termini di sicurezza, di organizzazione della protezione civile e soprattutto dei fondi disponibili per tali tipi di calamità a livello nazionale ed europeo.
Ad esempio a livello europeo esistono fondi ma essenzialmente per i disastri idro-geologici tipici dell’Europa del nord e centrale, mentre per i terremoti più tipici dell’area mediterranea esistono fondi ridotti. Queste brevi riflessioni riguardano anche il terremoto del 1980. Gli articoli che pubblicheremo saranno di vario tenore, dalla riproposizione di articoli storici, di ricordi sul disastro e sulla ricostruzione, ma anche di riflessioni e critiche sulle ingenti somme che pervennero per ristorare le popolazione e i territori per i danni subiti. Tanti ricordi di sofferenze, di beni culturali distrutti, di affetti perduti, di spirali criminali, di politici opportunisti, ma anche di episodi di coraggio e buona volontà, non solo da parte dei vigili del fuoco e delle forze dell’ordine, ma da parte di tanti volontari venuti da tutte le parti di Italia e anche dall’estero.
Certamente il terremoto del 1980 ha avuto ripercussioni negative sul Mezzogiorno non solo sulle popolazioni e sui territori, ma anche in termini di comunicazione in quanto ha alimentato critiche da parte del Nord del paese creando un casus belli per le politiche del sud, gli opportunismi territoriali, gli intrecci criminali, le numerose inchieste giudiziarie. Sicuramente ha accelerato negli anni successivi dei processi in atto come l’abolizione della Cassa del Mezzogiorno e una certa forma di degenerazione della classe politica che ha trovato il suo epilogo nel 1992. La domanda è, si poteva fare meglio? Che cosa abbiamo imparato in termini di organizzazione contro i disastri naturali? Cercheremo di riflettere su tutti questi quesiti anche alla luce delle altre calamità naturali che hanno interessato il Paese.
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