Brindisi di Montagna. Foresta Grancia

Un nuovo grano al rosario della memoria e della ricerca delle radici. Politica meridionalista pubblica una ulteriore tappa del viaggio letterario di Antonio Corvino, alla scoperta di luoghi, paesaggi e identità culturali del Mezzogiorno di Italia. Nella rivista sono già stati ospitati altri report letterari dello stesso autore per offrire ai nostri lettori una finestra su un mondo ricco di memorie che necessita di essere conosciuto e maggiormente valorizzato socialmente e culturalmente. Questa volta, personaggio del racconto è la cittadina di Brindisi di Montagna in Basilicata, in provincia di Potenza.

 

Dove si celebra l’epopea dei briganti e (sfuma) l’idea di un Mezzogiorno irredento

Domenica 28 luglio 2024

 

Giovedì 24 luglio 2024, al Blu festival di San Foca-Costa adriatica Salentina, bianche falesie come cattedrali illuminate dal sole, spiagge bianche ed acque trasparenti custodite da foreste subacquee di posidonia, malinconiche torri antiche e villaggi di pescatori scomparsi,  ho raccontato la memoria delle genti meridionali ricostruita tra le pagine di “Cammini a Sud”.

Il giorno successivo mi sono spostato a Noci in Terra di Bari, sulle Murge, nell’altra Puglia, per lo stesso motivo.

Il 30 e 31 luglio andrò a Sant’Agnello e Ravello, costiera Sorrentina e costiera Amalfitana.

Sto inanellando tappe su tappe di un percorso di grande fascino e, tuttavia si direbbe, fatto apposta per registrare la stridente contraddizione tra bellezza e degrado, gloria e fallimento, ricchezza e povertà, grandezza  e spaesamento.

Intanto in attesa degli appuntamenti del 30 e 31, ieri 28 luglio, domenica, sono stato nella Foresta della Grancia, a Brindisi di Montagna, incuriosito dagli ultimi epigoni di quelli che in passato si auto definivano meridionalisti e che lì si erano dati appuntamento, non avevo ben capito se per liberare la loro frustrazione o immaginare una specie di impossibile rivoluzione.

Brindisi di Montagna é un paesino di 800 anime posto su un cocuzzolo dell’Appenino Lucano a qualche chilometro da Potenza.

É stata un tempo terra di Briganti e di cafoni sfruttati prima di divenire terra di meridionali espatriati.

Avvicinandomi in autobus a Potenza , dove mi sarei dovuto incontrare con Francesco Saverio che arrivava in auto da Napoli e con il quale  avremmo proseguito per Brindisi di Montagna e la Foresta della Grancia, nelle prime ore della mattina, avevo avuto modo di osservare  i risultati di assurde violenze che offendevano senza rimedio il territorio. Dei veri e propri obbrobri. Dal finestrino potevo vedere intere campagne ormai coltivate a  specchi fotovoltaici su per le pendici dei colli e selve di pale eoliche in cima agli stessi.

Intorno distese di silenzio e desertificazione.

Per il resto, ancora prevalenti,  macchie scure di foreste e boschi inframezzati da valli rigogliose e  canaloni brulli, macchia mediterranea e cime solitarie annunciate da pareti a strapiombo nude e illuminate dal sole mattutino. Parallela alla strada correva la  valle del Basento. Essa  mi aveva accompagnato mostrandomi il letto  stanco e in molti tratti asciutto o comunque attraversato da uno striminzito rigagnolo. Il cambiamento climatico che aveva ridotto la quantità di neve invernale sulle montagne, la siccità  e le alte temperature dell’ estate avevano prodotto i loro effetti. Da queste parti un tempo, nella cattiva stagione, i paesi e le borgate dovevano attrezzarsi per non restare isolate e d’estate i campi in basso ondeggiavano come un mare giallo ricolmi di grano pronto ad essere mietuto.

Solo le cime più ardite non avevano perso il loro fascino.

 All’orizzonte, un  pò più defilate in direzione ovest le Dolomiti Lucane attraversavano orgogliose il cielo azzurro solcato, a sua volta,  da rapaci, poiane e falchi. Avevo provato a scrutare in alto in cerca di qualche aquila ma senza successo. Ma certo da qualche parte esse ci scrutavano.

Un tempo questa é stata terra di Briganti.

Il Monte Vulture, Melfi, Rionero, Avigliano, Lagopesole  non sono lontane. E non è lontana la Daunia e l’Irpinia e il Matese e nemmeno gli Abruzzi e le Calabrie, tutte percorse da bande di briganti che qui divennero esercito grazie a Carmine Crocco da Rionero in Vulture.

Finì male, per i briganti.

Tutti nel giro di un decennio, tra il 1860 ed il 1870, passati per le armi, uccisi in combattimento o fucilati, ad eccezione di Crocco lasciato in prigione a consumarsi lentamente quanto inesorabilmente onde impedirgli di divenire martire dopo essere stato eroe.

La memoria dei briganti tuttavia non morì. Anzi rimase ben radicata nel ricordo della gente che negli anni più recenti ha preso anche a creare dei musei ad essi dedicati  ed alla loro epopea.

 

Qui, a Brindisi di Montagna, nella grande foresta della Grancia, dove un tempo abbazie popolate da monaci  mantenevano viva la terra e davano lavoro e sostentamento ai cafoni, hanno creato una sorta di parco tematico tutto centrato sull’epopea dei Briganti.

Ogni anno in agosto, qui  ne rievocano le gesta per riconoscenza e intima adesione alla loro lotta sfortunata i cui echi sono ancora oggi evidenti, a ben guardare, nella mancanza di lavoro, nell’assenza di sviluppo e nella partenza dei ragazzi per chissà dove. Hanno realizzato una sorta  di anfiteatro nella foresta che può ospitare fino a tremila/tremilacinquecento persone. Certo qualche intento di sfruttamento turistico non manca. D’altronde bisogna pure industriarsi e fare qualcosa per andare avanti visto che Stato e Regione,  non se ne danno per intesi. Anzi sono proprio i loro rappresentanti a sentenziare che il Sud deve vivere di turismo. Prima di avviare lo sfruttamento  intensivo di pianure e monti per la produzione di  energia cosiddetta pulita, per la verità dicevano che il Sud doveva vivere anche di agricoltura…   Ma tant’è.

D’altronde Carmine Crocco che aveva immaginato,  anche se piuttosto confusamente, una specie di regno dei briganti o di repubblica dei cafoni, come fai a dimenticarlo. Lui era di queste parti. E di queste parti, per la precisione di Avigliano, era Ninco Nanco, suo luogotenente, nato Pasquale Nicola Summa, bello e disperato, dotato di un innato senso della guerriglia,  abile come nessuno a muoversi tra boschi e castelli, ad inseguire duchi, conti e baroni, ricchi e aristocratici e a tendere trappole  micidiali alle guarnigioni dell’esercito ed ai drappelli della guardia regia.

 

Prima di divenire briganti Ninco Nanco e Carmine Crocco avevano tentato di arruolarsi con i garibaldini. La promessa di Garibaldi di distribuire le terre di Conti, Duchi e Baroni a braccianti e contadini li allettava, come tutti. Ma non ebbero fortuna. Troppo arrabbiati e abituati a fare di testa propria e poco inclini ad ubbidire per essere dei buoni soldati nel nascente regno d’Italia. E d’altronde il Generale si dimenticò delle promesse e prima di render giustizia al popolo che l’aveva seguito, consegnò il regno di Napoli e delle Due Sicilie al re di Savoia che così divenne re d’Italia.
Ninco Nanco fu ammazzato a trent’anni dalle milizie sabaude, divenute pure quelle milizie italiane, che lo braccavano in forze e che finalmente, un bel giorno, grazie ad una soffiata, riuscirono a metterlo in trappola. La sua compagna, già prostituta per necessità, divenne brigantessa e continuò a combattere cercando ogni occasione per vendicarlo.
Nel castello federiciano di Lagopesole, nei pressi di Avigliano, Carmine Crocco e Ninco Nanco avevano insediato il quartier generale del loro esercito e nei boschi del Vulture avevano fissato le loro basi ed i loro nascondigli.
Dicono che sul far della sera, se voi vi addentrate tra i boschi di castagni alle pendici alte del Vulture o tra gli abeti, potrete sentire lo scalpitio di interi squadroni di cavalieri che cavalcano verso la cima della montagna. Si recano all’adunata con Carmine Crocco e con Ninco Nanco per fare il punto della giornata e preparare le imboscate del giorno dopo prima di sciogliersi e raggiungere chi il castello di Lagopesole chi le proprie case portando magari qualche vettovaglia rapinata nelle case dei ricchi.
Questa storia me la raccontarono alcuni paesani che incontrammo nel cammino che facevamo sui tratturi montani che da Melfi portavano a Rionero attraversando proprio la Montagna del Vulture. Non nascondo che qualche fremito mi attraversò non so se per l’adrenalina che l’immaginifico racconto mi scatenò o se per qualche tremito di paura al pensiero che un intero esercito di anime potesse ancora oggi, a distanza di più o meno 150 anni, aggirarsi tra i monti in cerca di pace. Ogni anno, con l’esplosione dell’estate, nella Foresta della Grancia che circonda Brindisi di Montagna rivive così la storia dei briganti.

Trecento figuranti, attori e comparse, registi e musicisti danno vita alla rappresentazione della loro epopea.

Il luogo é piuttosto suggestivo.

Grandi boschi di querce secolari oscurano il cielo e anfratti e dirupi  offrono naturali impenetrabili nascondigli dove i briganti potevano ripararsi e preparare gli attacchi.

Continui saliscendi rendono la foresta della Grancia e l’intera montagna un luogo pieno di fascino pur nella sua durezza che un tempo nascondeva pericoli di ogni genere ad attraversarla. 

Radure rinsecchite con sterpi e arbusti difficili da addomesticare interrompono qua e là i boschi mentre massi superbi ne scandiscono la dislocazione.

Ai confini del cielo si stagliano dei picchi arditi puntati contro l’orizzonte.

Castelli e grumi di case sono sparsi qua e là  e più di un borgo é appollaiato in cima come aquile in attesa.

Brindisi di Montagna é nel bel mezzo della Foresta sopra un irto cocuzzolo dominato da un castello ancora imponente che data dal 1200. Siamo a ottocento metri. Un tempo, d’inverno, l’isolamento era in agguato come in estate il rischio di insolazione a dimenticare il berretto.

Le Dolomiti lucane con i loro picchi aguzzi e le pareti a strapiombo completano lo scenario da dogno che la Natura regala ancora oggi a queste contrade.

Potenza dista una ventina di chilometri, distribuita su più colli legati da valloni e canaloni, ponti, strade e cavalcavia oltre che da un sistema di scale mobili ardito, lungo, lunghissimo, elegante e deserto, reso possibile qualche anno addietro dai finanziamenti d’Europa in mancanza di quelli nazionali. E tuttavia la gente preferisce muoversi con l’auto… non siamo a Perugia dove un popolo intero di indigeni e turisti affollano all’inverosimile le scale che legano i saliscendi  da quelle parti. Ma quanto a Natura qui non c’è nulla, ma proprio nulla da invidiare a chicchessia e l’epopea dei Briganti rende il tutto piuttosto intrigante.

In mancanza di collegamenti ferroviari, ho preso un autobus la mattina presto, alle 5.45,  il che ha significato  rimanere in piedi la notte. Da casa mia in campagna ho dovuto muovermi alle 4.45  e questo ovviamente ha comportato il mio risveglio alle 3.45.

A Potenza mi attendeva  Francesco Saverio.

Insieme ad un piccolo gruppo di Meridionali solo un mese fa abbiamo costituito “Unità Mediterranea” per il riscatto di tutti i Sud che si bagnano nel nostro Mare.

Perché ci sono andato ?

Perché  sta montando un disagio esistenziale inarrestabile per quanti sono rimasti  a Sud o sono, semplicemente, meridionali.

O forse si tratta di velleità buone ad annegare le antiche e recenti frustrazioni provocate da spopolamento, abbandono, desertificazione, svendita del territorio, mistificanti illusioni di sviluppo tutte svanite e rimpiazzate da un turismo usa e getta che da queste parti comunque dura ad attecchire. Per fortuna.

Aggiungeteci la subdola secessione del nord che va sotto il titolo di autonomia differenziata e la trasformazione del Mediterraneo in un campo di morte

Se non bastasse pensate alla biodiversità  mediterranea, alla dieta Mediterranea ( patrimonio dell’Unesco) all’Agricoltura familiare…ai mestieri ed al pensiero meridiano, tutta roba portata all’ammasso, come i 200 miliardi di Euro stanziati dall’Europa per il riequilibrio territoriale e dirottati impudentemente a Nord…

Il quadro è così completo.

Mancano solo gli 80/100.000 ragazzi che ogni anno se ne vanno.

Ce n’è abbastanza per interrogarsi sul destino del Sud in questo Paese.

Domenica  28 luglio 2024 nella foresta della Grancia, Brindisi di Montagna in Basilicata, un gruppetto di gente ha gettato un sasso nello stagno. É tempo di separazione, han detto e non detto o lasciato solo immaginare come una tentazione succulenta ma impossibile da decifrare.

Ciascuno per proprio conto, Nord da una parte e Sud dall’altra  e che ciascuno sia responsabile del proprio destino.

Ed io, con Francesco Saverio ci siamo  andati perché volevamo vedere da vicino e capire meglio.

Per quanto mi riguarda, avendo raccontato il Sud attraverso i miei cammini, voglio ascoltare e partecipare a questo appuntamento sul crinale della protesta estrema,  inutile, velleitaria o frustrante…

La nostra salvezza è il CONTINENTE MEDITERRANEO. Questa é la mia convinzione.

Lo é per il Sud e per l’Italia oltre  che per la stessa Europa.

Lo è anche per l’Africa ed il Vicino e medio Oriente.

La deriva isolazionistica degli USA renderanno la scelta mediterranea urgente ed irrinunciabile, incalzati dalla voglia di imperialismo militare della Russia di Putin e dalla voglia di imperialismo commerciale di Xi Jinping oltre che dalle furbe mire di Erdogan narcisistico sovrano della Turchia.

Ho raccontato questa mia visione nella Foresta Grangia a Brindisi di Montagna combattendo la stanchezza e i dubbi sul senso di questo sparuto numero di meridionali che urlano la loro idea di rivoluzione sperando che qualcuno li senta…

Io li ho ascoltati.

Serve poesia a questo misero e malandato Paese ed  i boschi, i monti ed i picchi della foresta della  Grancia, già terra di Briganti, Cafoni, espatrianti, é intrisa di bellezza  ma non è ancora diventata poesia.

Antonio Corvino