Inefficienza istituzionale e mancanza di coscienza di luogo
Achille Flora[1]
Consentitemi di ringraziare l’Associazione Guido Dorso, nella persona di F. S. Coppola, organizzatore del Convegno e G. Mazzella, animatore del Comitato per Ischia e degli “Amici del Continente” redattori del Manifesto per Casamicciola, esempi virtuosi di Cittadinanza attiva.
Ero assente da Ischia dal giugno 2019, quando partecipai ad un Convegno in onore dell’avv. Buono. Convegno che, dopo il potente afflusso turistico che aveva investito Napoli e le sue isole, poneva il problema della sostenibilità dello sviluppo locale.
Ad Ischia, nel corso degli anni, si è realizzato un potenziamento della sua struttura di offerta turistica, particolarmente intenso nel periodo 1971-1981, con la costruzione, accanto a grandi alberghi, di alberghi di categoria medio-bassa, pensioni e case in affitto. Il Manifesto per Casamicciola[2] indica per questo periodo la costruzione di circa 26.842 nuovi vani, cui seguirono ben due condoni nel 1985 e 1993. In questi anni, fiorì anche l’abusivismo, con elevato consumo di suolo. La gestione dell’afflusso turistico ha determinato molti problemi: prima concentrazione prevalente sulle aree marine, con forte impatto ambientale, poi il proliferare della costruzione di nuove abitazioni anche nelle aree collinari, con problemi di messa in sicurezza degli edifici e di mancato rispetto delle normative antisismiche.
Il terremoto del 2017 aveva interrotto questa crescita disordinata e lontana da uno sviluppo sostenibile, impattando negativamente sull’afflusso turistico, determinando un tracollo dell’afflusso del 63,15%, sia di stranieri sia di italiani. La ripresa turistica si ebbe l’anno successivo, ma il terremoto, aveva segnato l’isola con 2 morti, 42 feriti e 2.630 sfollati.
L’afflusso turistico ad Ischia ha, ovviamente, risentito delle dinamiche nazionali dei flussi, con la crescita record del decennio precedente il 2019, seguita dal crollo del 2020. Pandemia e limitazioni di spostamenti, fanno crollare, a livello nazionale, i flussi turistici degli stranieri (-70,3% sul 2019). Nel 2021, la ripresa dei flussi, con un ritorno di turisti esteri (+62,2% sul 2020), ma, a fine anno, ancora lontana dai valori del 2019. I dati provvisori relativi ai primi nove mesi del 2022, evidenziano una ripresa ulteriore, purtroppo ancora distante dai livelli pre-pandemia.[3]
Un Convegno, la speranza di diversificazione e un sogno
Il Convegno del 2019, voleva essere una reazione ragionata all’instabilità dei flussi turistici, proponendo di potenziare una diversificazione produttiva, valorizzando l’agricoltura terrazzata e la produzione dei vini ischitani, un’eccellenza nella sua tipicità. Un’economia dipendente da una sola variabile, in questo caso il turismo, è un’economia fragile e sottoposta ai rischi di un mancato afflusso, che metterebbe in ginocchio attività economiche troppo dipendenti da un fattore esterno. Infatti, la crescita turistica aveva indotto a trascurare le attività alternative di pesca e agricoltura.
Dal Convegno del 2019, con presenza di diversi produttori locali di vini, Coldiretti e tenute agricole, scaturiva la speranza di un potenziamento di queste attività, come integrazione, diversificazione, ma anche potenziamento dell’attrattiva turistica, poiché questa si basa non solo su cure termali, sole e mare, ma anche su tipicità gastronomiche locali. Scrissi un articolo per il Continente, in cui, parafrasando M. Luther King, sostenevo di avere un sogno in cui l’isola verde, così chiamata per le sue estese dotazioni naturali (bosco mediterraneo, terreni agricoli, terrazzamenti vitivinicoli, la sua biodiversità), in cui siattivassero politiche di potenziamento e valorizzazione di queste eccellenze.
Sognavo un’isola senza auto inquinanti, con produzione di energia e trasporti pubblici alimentati da fonti alternative, con uso di tecnologie smart, bandendo la plastica, con raccolta differenziata dei rifiuti e messa in sicurezza degli edifici e nuove costruzioni con criteri antisismici.
Purtroppo, gli avvenimenti del Il 25 novembre 2022, con una bomba d’acqua che investi l’isola e la conseguente frana dall’Epomeo con una lava di fango in forma alluvionale, distruggendo 27 case, danneggiandone 59 e causando 12 morti, ci dice che quel sogno è svanito con le luci dell’alba.
Un parallelo tra fenomeni similari: Cinque Terre in Liguria e Ischia in Campania
La realtà è che, anziché potenziare i terrazzamenti, in diversi casi si sono eliminati, abbattendo così le loro difese. Un fenomeno non nuovo, perché già visto in azione sulle colline ligure, con un analogo disastro, verificatosi nel 2011, sulle colline delle Cinque Terre in Liguria.
Stesso fenomeno avvenuto ad Ischia, con l’eliminazione dei terrazzamenti che rappresentano una formidabile difesa, contro frane e smottamento del terreno. Nelle Cinque terre ligure, con l’alluvione devastante del 2011, fiumi di fango originatisi a monte devastarono le città sul mare (Monterosso e Vernazza su tutte). La foto di destra, mostra un terreno senza più terrazzamenti, uno scivolo per la lava di fango. Intonsi, invece, i versanti delle zone terrazzate e coltivate, come nella foto di sinistra[4].
Ischia prima e dopo
Nelle foto in b/n della montagna di Casamicciola anni ’30, si vede un complesso sistema di terrazzamenti, coltivato a vite, che garantiva stabilità del versante nella parte alta. L’abbandono dei terrazzamenti e la loro distruzione ha portato alla fragilità del versante, che ha dato luogo alle recenti frane. La mancata manutenzione degli alvei, in qualche caso trasformati in discarica, riempendoli di rifiuti ingombranti, ha completato l’opera.
Certo sono molte e diverse le cause che hanno provocato questo disastro, ma assenza di manutenzione degli alvei ed eliminazione dei terrazzamenti rappresentano due cause non secondarie, che attengono a responsabilità sia istituzionali sia della stessa popolazione residente. Sul piano istituzionale le responsabilità sono molte e attengono ai diversi livelli, nazionali e locali, di Enti e istituzioni preposte alla sicurezza idro-geologica. Il “Manifesto per Casamicciola che è Ischia”, proposto dal Comitato per la rigenerazione di Ischia dedica ampio spazio a questa problematica, evidenziando l’assurdità di ben 6 commissariamenti, che escludono da ogni partecipazione la popolazione locale, ma stigmatizza, anche, l’eccessiva frammentazione istituzionale degli enti locali, con sei comuni per una popolazione di circa 62mila residenti. Consentitemi solo di aggiungere che, in tal modo, si perde la visione d’insieme delle problematiche comuni all’intera isola, con l’eccessiva vicinanza tra popolazione e rappresentanti dell’ente locale è foriera di impossibilità di adottare provvedimenti di contrasto ad abusivismo, e alla dispersione di rifiuti nell’ambiente, che dovrebbero colpire anche parenti ed amici. Quanto avvenuto ad Ischia e prima ancora nelle Cinque Terre, è anche dovuto ed aggravato dai comportamenti incoscienti della popolazione, nella distruzione dei terrazzamenti e, prima ancora, nell’abusivismo edilizio, nella mancata cura della parte alta dell’isola, in particolare degli alvei da cui far defluire le acque piovane, nell’averle utilizzate come discariche abusive otturandone gli alvei. Mancanza di cura del territorio che indica, oltre l’inefficienza istituzionale, l’assenza di una Coscienza di luogo. Nel Manifesto per Casamicciola si è consapevoli di questa perdita di coscienza, quando si denuncia che una crescita senza strumenti urbanistici di regolazione, ha prodotto una frattura tra l’uomo e il suo ambiente, perché guidata da una logica puramente speculativa, evidenziata dalla crescita dei vani dai quasi 19mila vani del 1951 a più di 69mila vani del 1981, con un potente abusivismo degli anni ’80. Quello che manca è una Coscienza di luogo.
La coscienza di luogo[5]
Esisteva nei territori, prima dell’avvento del capitalismo; con un rapporto stretto tra luogo e comunità vivente, garantendo la necessaria riproduzione biologica e relazionale nelle comunità. Il capitalismo ha «sfarinato» i luoghi, disperdendone la coscienza, producendo «non luoghi» senza identità. Ha prodotto una «coscienza di classe», nelle grandi fabbriche dell’epoca fordista con una forza sindacale in difesa del mondo del lavoro e dei diritti sociali. Il successivo decentramento produttivo e la riduzione della dimensione media per addetti delle imprese hanno oggi sfarinato anche quella, producendo un mercato del lavoro senza diritti con aumento vertiginoso delle diseguaglianze e il sorgere del lavoro povero, senza diritti. Il risultato è anche quello della perdita di rapporto dell’uomo con la natura e l’ambiente.
La Coscienza di luogo è innanzitutto coscienza delle fragilità dell’ambiente in cui si vive. È consapevolezza del valore patrimoniale dei beni comuni, materiali (acqua, aria, territorio) e immateriali (saperi e tradizioni produttive), presenti in un territorio, fattori di riproduzione della vita individuale e collettiva; elementi naturali da sviluppare con politiche di valorizzazione;
Si acquisisce nel percorso di trasformazione culturale degli abitanti/produttori, attraverso un processo individuale e collettivo per la ricostruzione di elementi di comunità, in forme aperte, relazionali e solidali. Ha alle spalle una comunità, conscia della potenzialità delle fragilità ma anche delle potenzialità delle risorse nascoste e potenziali.
Se la globalizzazione produce «comunità di rancore», emarginando gli esclusi, si tratta di trasformale in «comunità di cura», ricostruendo il rapporto con il territorio e il suo ambiente.[6] Il futuro sostenibile è nella cura del territorio.
[1] Intervento al Convegno “Ischia e Mezzogiorno: fragili e tragici”, Ischia, casa Comunale, 23 marzo 2023.
[2] “Il Manifesto per Casamicciola che “È” Ischia”, in Il Continente, Anno VII, n. 1, pag. 11-13.
[3] ISTAT, Turismo: la forte ripresa nei primi nove mesi del 2022 non recupera i valori pre-Covid, dicembre 2022.
[4] Ringrazio Alberto Magnaghi per aver condiviso con me la foto delle Cinque Terre, avviando così il parallelo con quanto avvenuto ad Ischia.
[5] Per approfondimenti si rinvia a Becattini G., 2015, La coscienza dei luoghi. Il territorio come soggetto corale, Donzelli, Roma. In particolare, Becattini G., Magnaghi A., “Coscienza di classe e coscienza di luogo. Dialogo tra un economista e un urbanista”, in Becattini, 2015, op. cit., pag. 155-222. Cfr. anche Flora A., “Dalla coscienza di classe alla coscienza di luogo”, 2023, in Alternative per il socialismo, n.66-67, pp. 126-133, marzo, Castelvecchi, Roma.
[6] Bonomi A., 2021, Oltre le mura dell’impresa. Vivere, abitare, lavorare nelle piattaforme territoriali, Derive Approdi, Roma.