Giovedì 1 luglio 2021 si è svolta a Benevento presso il Museo del Sannio, Sala Vergineo, la presentazione del libro-ricerca curato dall’Associazione Futuridea di Benevento presieduta da Carmine Nardone dal titolo “II futuro “dell’osso” tra vecchi e nuovi dualismi – Appennino e nuova dimensione dello sviluppo”. Il Coordinamento del lavoro è stato curato da Roberto Costanzo e Carmine Nardone, hanno preso parte all’elaborazione: il Team di Futuridea: Maria Beatrice Fucci, Giulia D’Aloia, Imma Florio, Rossana. Maglione, Francesco Nardone, Ilaria Sgambato; il Team di Management House Italia: Gaetano Boccia, Luisa De Lisio, Maria Megna, Eugenio Abate, Luigi Ferraro; ilTeam del Ce.Do.M. Università di Salerno: Grazia Moffa, Marianna Chirivi, Marina Amone, Federica Senatore. La copertina è di Luigi Salierno, il progetto grafico di Augusto Ozzella. Hanno curato commenti al testo: Nando Morra, Salvatore Rampone, Gianfranco Nappi, Francesco Saverio Coppola, Franco Calvanese e Antonio Gisondi. La presentazione dello studio ha visto la partecipazione di Roberto Di Costanzo Presidente Fondazione Mario Vetrone, Carmine Nardone Presidente Futuridea, Antonio Di Maria Presidente Provincia di Benevento, Francesco Saverio Coppola Segretario generale dell’Associazione internazionale Guido Dorso, Antonio Gisondi saggista, Nando Morra Presidente Lega delle autonomie.
Il tema delle aree interne italiane e in particolare quelle del Sud, hanno dato origine a diversi filoni di pensiero e di progettazione di sviluppo con soluzioni modeste. In effetti , in questi anni, vi è stato un peggioramento delle condizioni e una alterazione della geografia antropica e politica, che non ha giovato ai singoli territori.
Lo studio “Il Futuro dell’Osso tra vecchi e nuovi dualismi”, riprendendo una definizione di Rossi Doria è stato realizzato da Futuridea in collaborazione con Management House Italia e con il C.E.D.O.M. dell’Università degli Studi di Salerno. Questa ricerca innova rispetto al passato, non solo perché delinea, quantificando, progettazioni specifiche per il territorio, ambientalmente compatibili e sostenibili, ma perché contiene un assunto fondamentale che non vi sia un modello standard da utilizzare, ma i progetti di sviluppo vanno personalizzati per le diverse aree coniugando opportunamente i diversi fattori attrattivi. Vanno abbandonati i modelli imitativi che hanno portato solo dispendio di energie e investimenti senza una concrete soluzioni a livello territoriale. Questa impostazione ha richiesto uno studio attento dei territori e una approfondita analisi dei dati non solo quantitativi, ma anche qualitativi. Lo studio condotto, con una focalizzazione sulla proprietà intellettuale, su parametri significativi (calo demografico) di comuni afferenti alle Regioni Campania, Molise e in parte al confine con la Puglia, costituisce un possibile sentiero di progettazione di sviluppo, di cui avvalersi per l’utilizzo non solo dei fondi residui della programmazione 2014-2020, ma di quelli della programmazione del QFP 2021-2027 e di quelli rivenienti dal PNRR. Questa ricerca partendo dai divari tra dorsale appenninica e fascia costiera, finalizzata ad indagare sui divari territoriali. evidenzia l’esistenza ancora di vecchi e nuovi dualismi ancora incolmabili che, sebbene da sempre noti, quasi mai sono stati visti come una conseguenza della mancata valorizzazione delle grandi risorse che le aree interne offrono e che spesso mancano alle aree vallive e costiere. Le zone di osso vivono però trasformazioni strutturali che vedono andar via le residue forze giovanili, chiudere le attività produttive e abbandonare case, terre e paesi. Trasformazioni che per essere fronteggiate richiedono un programma di sviluppo innovativo come delineato nello studio.
Il termine di aree interne , secondo me, è improprio, andrebbe più correttamente utilizzato il termine aree a basso gradiente di sviluppo (ABGS) , infatti vi sono anche casi di aree costiere che sono assimilabili ad aree interne.
Che cosa è un area a basso gradiente di sviluppo?
Una area con difficoltà logistiche o fisiche di collegamento con altre aree, dove la domanda di beni e servizi non è supportata da una sufficiente ricchezza e da investimenti, con filiere produttive corte e rarefatte, con poli di sviluppo accentuati sulla frontiera con altre aree più avanzate o lunghi assi viari/ferroviari di rilievo. Conseguenze di questo parziale isolamento sono: bassa densità di popolazione e produttiva nel settore primario e in altri settori, fuga dei giovani, scarso insediamento di nuove realtà produttive, prevalenza di economia agricola spesso di tipo autarchico, bassa innovazione, comunità isolate e con scarse risorse finanziarie, polarizzazione della ricchezza finanziaria. Se queste sono alcune variabili per definire le aree ABGS, sintetizzate in quella famosa frase di Manlio Rossi Doria le aree della polpa e quelle dell’osso, allora le soluzioni per il loro sviluppo vanno ricercate nell’alterare le variabili anzidette, definendo una serie di priorità con una valutazione puntuale dei fattori attrattivi, che possano però variare nel tempo in funzione dei mutamenti sociali e ambientali.
Sicuramente fattori attrattivi di queste aree possono essere la qualità della vita, la bellezza del paesaggio, molteplicità di fonti energetiche naturali senza particolari vincoli di spazio, prezzi delle abitazioni e dei terreni più bassi, fattori ostativi di primo livello le infrastrutture di mobilità, sia come loro fisicità ma anche come efficienza ed efficacia organizzativa e di funzionamento, a cui si aggiungono oggi le infrastrutture digitali (digital divide) e la capacità di comunicazione dei principali fattori attrattivi (marketing territoriale). Non sono da non considerare alcune fattori endogeni, come la resistenza delle popolazioni ad aperture del proprio territorio e al rischio di perdere un equilibrio consolidato. Questa ultima osservazione di carattere in parte psicologico, ma anche di carattere sociologico può trovare dei paladini nelle classi dirigenti locali che possono temere una perdita di potere. Quindi l’apertura di un territorio di tipo ABGS non deve tener conto solo di un fattori allocativi di persone e di investimenti, di fattori infrastrutturali, ma anche di variabili sociali e culturali.
Occorre anche considerare fattori di carattere politico, molte aree interne nel territorio italiano e in particolare nel Sud sono al confine di diverse regioni, questo rende più difficile l’intervento che non può essere legato ai confini amministrativi, pertanto il problema e le tematiche di sviluppo delle aree interne richiedono spesso un approccio multi-regionale. Un primo obiettivo è incrementare la densità della popolazione o come variabile statica o come variabile di flusso, con immigrazioni, con maggiori presenze turistiche ma anche stoppando il calo demografico. Questo permetterebbe l’aumento della domanda ma anche un ampliamento dell’offerta dei prodotti e dei servizi del territorio e degli investimenti.
Si può migliorare tale densità con progetti di rivitalizzazione dei vecchi centri e di terreni da coltivare, valorizzando il lavoro e la presenza di immigrati, che potrebbero avere una destinazione non precaria, il tutto favorito da politiche regionali e nazionali. Questo tipo di azione pur in presenza di insufficienti infrastrutture potrebbero favorire lo sviluppo di comunità agricole e di valorizzazione del paesaggio dal punto di vista culturale e turistico. Un esempio potrebbe essere la valorizzazione a scopo, turistico, religioso, salutare, culturale, dei cammini dove la diverse comunità operano in rete, garantendo , nel rispetto dell’ambiente, una serie di servizi necessari. Una altra possibilità di aumento della densità abitativa potrebbe derivare dall’adozione di un modello sociale volto a creare comunità diffuse, come avviene in altri paesi, ma questo richiederebbe la soluzione di alcuni vincoli infrastrutturali, come la connettività alle reti elettriche e digitali, una sviluppo intermodale di tipo civile con i principali assi di tipo ferroviario e i secondari con mezzi su gomma ad alimentazione elettrica o tradizionale.
Una idea, tenuto conto di migliori parametri di qualità della vita (turismo della salute) , potrebbe essere per la terza età (pensionati), la definizione di aree abitabili in comunità con vantaggi fiscali e assistenza sanitaria. Per questo scopo potrebbero essere rivitalizzati vecchi centri in spopolamento dotandoli di servizi adeguati. Nell’ ambito della transizione ecologica andrebbero meglio sfruttate risorse come l’acqua, il vento, l’energia solare, approfittando della bassa densità abitativa e dall’ampiezza dei territori compatibilmente con il paesaggio e i valori ambientali. Dal punto di vista produttivo, tenuto conto della disponibilità di spazio, potrebbe giovare la definizione di aree logistiche e di insediamento manifatturiero e di servizi, permettendo economie di scopo e scala. Per realizzare questi poli produttivi integrati, è necessario poter disporre di infrastrutture di mobilità, soprattutto di tipo ferroviario.
L’attrattività di queste aree potrebbe essere facilitata con la creazione di zone speciali di ricerca e studio (ZSRS), con particolari vantaggi fiscali e normativi per studenti e per ricercatori. Ad esempio un polo universitario di qualità sul modello inglese o americano, di tipo stanziale potrebbe attirare studenti, determinato un flusso costante di popolazione giovanile nel tempo. Un altro possibile sviluppo, beneficiando dello spazio ma anche dell’isolamento, potrebbe essere quello di cittadelle della ricerca, da far operare in connessione a poli universitari. Futuridea ipotizza nel suo studio l’avvento di L.I.T (Laboratori innovazione territoriale). Una ulteriore capacità di espansione deriva dal raccordare le filiere produttive, non solo con reti lunghe, ma rafforzando anche quelle corti con aree vicine, sviluppando contratti di rete, ma sopratutto creando delle strutture di comunicazione produttiva per facilitare sia l’offerta che la domanda. Oggi questo raccordo è molto più facile sfruttando le reti digitali che permettono pur in presenza di dimensioni di impresa ridotte di realizzare economie di scopo e di scala.
Queste filiere potrebbero connettersi anche a finalità turistiche, come sta avvenendo in alcune aree di tipo ABGS , mediante la definizione di target territoriali o destinazioni, volti a pubblicizzare i valori paesaggistici, ambientali, culturali, i servizi turistici, la gastronomia di un territorio in una visione integrata e facilmente fruibile. Per realizzare le cose sinteticamente descritte tuttavia occorre la presenza di una classe dirigente locale pubblica e privata, che sia in grade di connettere l’area di tipo ABGS alle altre aree sfruttando tutte le possibilità offerte dalle politiche di sviluppo nazionali e regionali e soprattutto con una visione chiara ed unitaria del territorio con le diverse caratterizzazioni. Che della diversità sappiano farne sopratutto un marchio di qualità e di attrazione.
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