Antonio Corvino ci racconta un cammino, con riferimenti storici, culturali, paesaggistici e sociali di un centinaio di chilometri suddivisi in quattro tappe, Fragneto Monforte-Pontelandolfo – San Lupo, San Lupo-Bocca di Selva, Bocca di Selva-Lago Matese, Lago Matese – Letino -Gallo, con una puntata a Sepino e al Parco archeologico di Altilia. Un cammino, con forti variazioni altimetriche, che si snoda sulla dorsale appenninica fra due regioni, Campania e Molise, secondo un percorso tracciato da un professionista dei cammini Cleto Fuschetto.
Vi è tra la Campania ed il Molise un’area interna, che al pari di molte altre, è caratterizzata da gravi fenomeni di spopolamento fino alla desertificazione. In quest’area, segnata dalla civiltà sannitica, i tempi antichi hanno lasciato più di una testimonianza di grandezza oggi, ahimè, in gran parte sepolta. Come sepolta risulta ancora la prospettiva di un ritorno ai fasti di un tempo. Eppure nelle aree interne ricadono molte delle opportunità per riequilibrare la nostra comunità Nazionale e Meridionale oltre che rilanciare il nostro sistema sociale ed economico! Vi sono molte persone di buona volontà che in questo senso si stanno muovendo, in gruppi ed associazioni di volontari per restituire alle aree interne il giusto ruolo. Lo stanno facendo in mille modi. Rilanciando l’agricoltura familiare, recuperando le tradizioni e la storia con la cultura, proponendo un turismo lento e sostenibile che scopra l’anima dei luoghi. In tale contesto si collocano i cammini che riscoprono sentieri antichi dei pellegrini e tratturi della transumanza oltre che le gloriose strade romane.
La via francigena dei Sanniti, che si colloca a latere della via Francigena ufficiale che da Canterbury giunge a Santa Maria di Leuca lungo un percorso di 3.000 chilometri attraverso l’Europa, è stata tracciata da uno di questi gruppi di volontari. Essa si pone l’obiettivo di riscoprire i territori già dei Sanniti, allo scopo di valorizzarne i siti partendo dalla cultura, le tradizioni, le storie, le caratteristiche e specificità. Il cammino “dalla terra dei Briganti al sentiero degli Anarchici” ne costituisce un pezzo di straordinaria valenza storica e culturale oltre che antropologica e paesaggistica! Nell’area ricade anche Sepino, un piccolo borgo molisano che dal Cammino viene solo sfiorato ma la cui visita costituisce un prologo assai suggestivo ( anticipando il cammino tra le capitali dei sanniti, Isernia Venafro e Boiano).
A breve distanza da Sepino, e parte integrante del suo hinterland, vi è il sito di Altilia, per la quale di recente il Ministero dei Beni Culturali ha istituito il parco archeologico che inorgoglisce la comunità di Sepino ed anche quanti hanno la ventura di visitare l’antica città romana. Prima di addentrarsi nelle terre dei Briganti e sui sentieri degli Anarchici, la visita ad Altilia diventa un regalo a cui non si può rinunciare. ALTILIA è un’antica città romana. Cinta da un sistema di mura imponenti e di grande impatto, era un importante centro di transito lungo le vie imperiali della transumanza che dall’Abruzzo arrivavano a Candela. Era una città molto ricca, con la sua basilica, il foro, il teatro, il macellum ( mercato) ed i quartieri residenziali! Appena fuori le mura due mausolei testimoniano la potenza, oltre che la ricchezza, dei suoi cittadini.
La visita ad Altilia ha rappresentato anche per me l’inaspettato prologo del cammino che corre dalla Terra dei Briganti ai Sentieri degli Anarchici . Un modo per legare il vanto del passato alle speranze del presente. Un modo per esorcizzare la decadenza e la sofferenza che per troppi secoli hanno ferito queste terre esponendole a violenze gratuite per troppo tempo tollerate se non giustificate. Dalla grandezza del passato può infatti scaturire la prospettiva del presente, riconoscendo alle rivolte lì consumate da uomini esasperati ed alle utopie immaginate da uomini coraggiosi quanto inermi, l’anelito al riscatto per un futuro degno di essere vissuto. Rivolta e utopia sono i binari lungo i quali si snoda il cammino che va da Fragneto Monforte a Gallo Matese, nell’alta Campania in direzione del Lazio e del Molise.
La rivolta, ahimè senza esito, è quella dei Briganti, mentre l’utopia, anch’essa rimasta incompiuta, è quella maneggiata dal movimento anarchico internazionalista, all’indomani dell’Unità d’Italia tra il 1861 ed il 1877. Entrambe hanno segnato il destino di una terra che reca evidenti i segni di una arretratezza antica e di una emarginazione che si è protratta troppo a lungo e che, tuttavia, ha le carte in regola per puntare, finalmente, ad uno sviluppo coerente con la modernità che non esclude ed anzi deve ritrovare l’essenza ancestrale dell’uomo. Quella esaltata dalla natura. Per circa un centinaio di chilometri suddivisi in quattro tappe, Fragneto Monforte-Pontelandolfo-San Lupo, San Lupo -Bocca di Selva, Bocca di Selva-Lago Matese, Lago Matese – Letino -Gallo, il cammino si addentra nel cuore di una contrada straordinariamente bella e suggestiva, a tratti aspra, sempre accogliente, che contrasta con le vicende umane lì vissute per secoli sul crinale del dramma, della povertà e della violenza perpetrate dai potenti di turno.
Terra di emigranti, il cammino ne scopre lo spopolamento divenuto sempre più evidente fino a evocare lo spettro della desertificazione ma illumina altresì la dignità, l’orgoglio di quanti ci vivono ancora e ne rivendicano, con il loro impegno e le loro azioni, il riscatto. Su tutto si impone la bellezza di questa terra e la sua storia, la sua cultura. Valori che, grazie alla determinazione dei suoi abitanti ed alla passione di quanti, non essendone cittadini, se ne innamorano avendo la ventura di attraversarla, possono fare la differenza. Il cammino attraversa un territorio in cui le vicende delle piccole comunità locali che lo punteggiano si sono intrecciate con la storia intera di un popolo e di una nazione, fino a divenire mito e segnare per sempre l’immaginario della gente del posto e di quanti, in gran numero, sono andati via portando con se il ricordo di episodi antichi ormai divenuti parte indelebile della memoria collettiva.
Qui la storia dei Briganti che sfidarono l’esercito e la guardia nazionale del neonato regno d’Italia, pagando con più di un eccidio la loro ribellione, si è legata con l’azione degli Anarchici che spronavano il popolo a ribellarsi alla rassegnazione prima che al potere di chi li vessava. Nel tempo queste comunità si sono ripiegate su se stesse avendo dismesso ogni desiderio di ribellione. Avendone riscontrato l’ inutilità, con le conseguenze sopraggiunte. Hanno optato per l’emigrazione, la fuga, la partenza definitiva. Dove città sannite, romane, longobarde, normanne sancivano la grandezza di queste terre, affidate alla protezione della dea Mephite e degli dei dell’Olimpo, e castelli, cattedrali e monasteri celebravano la potenza di Federico e la gloria di dio, sopravvivono comunità che attendono ed inseguono il ritorno al futuro oltre che il radicamento in un presente degno di essere vissuto.
Fragneto Monforte, Pontelandolfo, Casalduni, che furono attraversati dalle vicende della guerra dei briganti, contano oggi una presenza umana assai limitata. In San Lupo, epicentro della vicenda anarchica, all’indomani dell’unificazione, vivono solo alcune centinaia di abitanti. Gallo Matese che chiude il percorso ne conta ancora di meno. Eppure i camminatori che si metteranno sui tratturi ed i sentieri si renderanno conto di attraversare borghi meravigliosi seppur spopolati. In essi una moltitudine di lari e fantasmi pazienti e protettivi tengono vive le grandi epopee pre e post unitarie dei briganti e degli anarchici. Sono proprio essi a fecondare l’azione di quanti, muovendo dalla bellezza sconfinata e dalle intatte potenzialità di sviluppo, tutte da scoprire, si giocheranno la partita del futuro. A patto che i territori sappiano inventarselo di nuovo, il futuro, i giovani lo vogliano perseguire e le istituzioni lo sappiano programmare e progettare.
Il futuro dell’Italia e del mondo non è nelle metropoli e megalopoli costiere, o quanto meno non è solo in esse, ma è nei territori interni, magari sulle orme delle antiche civiltà che qui si sono catalizzate intorno alla dea Mephite, la dea della madre terra che tutti noi nutre e protegge, si sono esaltate in Roma e Bisanzio, in Federico e nelle grandi religioni cristiane e ortodosse che non disdegnavano di convivere con Ebrei e Musulmani.Da tale assunto deve partire la rinascita del Paese. Da tale assunto deve partire anche il ribaltamento delle politiche di sviluppo sin qui seguite puntando ad una integrazione completa dei territori. Come? Costruendo intorno ai cammini una proposta di riorganizzazione sociale, produttiva e culturale del paese che ribalti l’impostazione attuale che considera centrali solo le aree metropolitane e le aree costiere e condanna al degrado tutto il resto.
Infrastrutture e servizi, a cominciare da connessione e sicurezza sono alla base di una simile prospettiva. Poi dovranno seguire le politiche di decentramento generalizzato delle Università, dei centri di ricerca ed innovazione, delle stesse istituzioni in uno con politiche di incentivazione su più livelli, fiscale, del lavoro, sanitario, dei servizi alle persone, dell’agricoltura familiare, dei mestieri, delle attività produttive e di tutto quanto può essere funzionale al ritorno della popolazione in un quadro di coerenza con la cultura dei luoghi e di rispetto del loro vissuto e della natura che li avvolge e custodisce. Non è impossibile. Anzi è doveroso. Solo così si darà un futuro anche all’Italia e si darà una mano a salvare il mondo.