San Giorgio a Cremano: il respiro leggero della metropoli partenopea

Un nuovo grano al rosario della memoria e della ricerca delle radici. Politica meridionalista pubblica un’ulteriore tappa del viaggio letterario di Antonio Corvino, alla scoperta di luoghi, paesaggi e identità culturali del Mezzogiorno di Italia. Nella rivista sono già stati ospitati altri report letterari dello stesso autore per offrire ai nostri lettori una finestra su un mondo ricco di memorie che necessita di essere conosciuto e maggiormente valorizzato socialmente e culturalmente. Questa volta, personaggio del racconto è San Giorgio a Cremano, comune di circa 41784 abitanti della città metropolitana di Napoli. Un antico Comune le cui origini si collocano intorno all’anno 1000 e che ha avuto il massimo sviluppo nel ‘700 quando si è arricchito di oltre 20 ville vesuviane a seguito della realizzazione della Reggia di Portici da parte di Carlo di Borbone. Personaggi celebri legano il loro nome a questo Comune, ricordiamo Bernardo Tanucci, Ministro di Carlo di Borbone, il famoso pittore Luca Giordano, il famoso giurista Enrico Pessina e per ultimo l’attore comico Massimo Troisi.  (N.d.R)

 

San Giorgio a Cremano te la ritrovi subito, appena volti le spalle a Napoli andando in direzione est, verso le periferie che furono orgogliosamente operaie, prima di imboccare la strada litoranea che lambisce i monti Lattari e corre verso Punta Campanella che osserva Capri prima di inabissarsi in cerca di Partenope che lì spirò spaventata dagli dei accorsi a salvare Odisseo. Ti giri e prima di imboccare la strada per il Miglio d’oro ed iniziare a scorrere il rosario delle ville vanvitelliane o vesuviane, riconosci le torri del centro direzionale, tutte acciaio e cristallo, ferro e cemento che tentano un impossibile slancio verticale… Attraversando piazza Garibaldi di fronte alla stazione ferroviaria fai in tempo ad ammirare la parete del grattacielo con l’ardito murale di Jorit che mostra lo sguardo determinato di Maradona, gli occhi malinconici di Pino Daniele ed il viso scanzonato di Massimo Troisi: tre ineguagliabili icone, indelebilmente impresse nell’animo napoletano ad identificare, tra le infinite, la faccia di Napoli e che evocano gli altri murales con Maradona, Che Guevara e lo Scugnizzo che di lì a poca distanza riscattano il bronx di San Giovanni a Teduccio, che, dal canto suo, si nasconde appena oltre il corso-statale che corre lungo il Tirreno verso Portici, Ercolano, Castellamare di Stabia, Torre del Greco, Torre Annunziata-Oplontis…Pompei, Vico Equense, Sant’Agnello, Sorrento. …

San Giorgio a Cremano disdegna la costa e si insinua nell’entroterra tra Napoli, Portici, Ercolano, San Sebastiano al Vesuvio, in direzione del Vesuvio appunto. Qui trovate le prime grandiose ville vesuviane: trenta delle centoventi che anticipano il miglio d’oro dipinto di giallo dai limoni che invadono la costa senza soluzione di continuità. É nobile ed aristocratica San Giorgio a Cremano. Nel mille e settecento signori, dignitari e cortigiani edificarono le loro residenze estive da quelle parti. Per la bellezza del paesaggio dominato dal Vesuvio che lasciava immaginare alle sue spalle il Monte Somma, antico più di quello e più ardito anche, ma non solo. I reali avevano preso a costruire la loro reggia a Portici e quelli correvano a far corona. Non poteva vantare i natali di Pompei e di Ercolano e nemmeno di Oplontis o di Stabiae, San Giorgio. Era nata come un piccolo borgo consacrato al Cavaliere decapitato da Diocleziano per la sua fede e che l’aveva protetta dalla lava del Vesuvio intorno all’anno mille… salvandola allo stesso modo in cui, in vita, aveva salvato la fanciulla dal drago. La chiesa di San Giorgio Vecchio issata in cima ad un poggio che l’ha protetta da ogni aggressione oltre che da ogni avidità, é il cuore primigenio della città. Essa si staglia nel biancore della sua pietra in cima ad una elegante scalinata che conduce al sagrato da dove si possono cogliere pienamente le sue linee architettoniche romaniche e protoromaniche, pure ed essenziali. Il borgo crebbe intorno ad essa prima di divenire via via paese e quindi città.

Oggi conta oltre quarantamila abitanti, dieci mila per chilometro quadrato. Roba da far tremare i polsi. Eppure non te ne accorgi. É linda ed ordinata… quasi un’oasi a fronte del conturbante caos della metropoli, del traffico ansioso della statale costiera, della sofferenza dei quartieri che la assediano a nord e ad est. Pietrarsa è a due passi a rammentare le glorie andate. E le trenta ville che la scandiscono sono altrettanti gioielli che la illuminano con il loro splendore architettonico e il pregio dei giardini, i boschi, le tenute che le circondano. É orgogliosa e gelosa della sua autonomia San Giorgio a Cremano: un punto esclamativo che esalta il suo racconto nel grande romanzo della città metropolitana partenopea. Ha il suo consiglio comunale e la sua giunta. Il suo Sindaco ed i suoi assessori. I suoi uffici ed i suoi vigili urbani. Le sue strade lastricate di pietra lavica brillano nella pioggia e riflettono il sole nelle giornate serene mentre la sera una illuminazione discreta invita alla conversazione ed al lento andare e dai balconi dei palazzi puoi ammirare da un lato il Vesuvio e dall’altro il Golfo e nella notte puoi perderti nella luna piena o cercare la snella silhouette della sua falce inseguendo Venere e Giove, Orione, Sirio e Vega, il Gran Carro ed il Piccolo tra le galassie infinite. Francesco Saverio abita qui e mi decanta tanta bellezza. Con lui passeggiamo nelle strade del centro che si biforcano come una forcella o che disegnano delle ipsilon eleganti…Mi mostra villa Tanucci, dimora del nobiluomo toscano, ministro di re Ferdinando primo di Borbone e villa Vannucchi epicentro della vita mondana della nobiltà borbonica ancora nel primo ottocento e la dimora di Luca Giordano, capo scuola della pittura barocca napoletana e la chiesa denominata “del pittore” da lui voluta e infine Villa Bruno.

Questa è posta alla confluenza dei due rami del bel corso lavico che lì si arrotonda disegnando una profonda curva ad assecondare lo sviluppo del fabbricato con le antiche fonderie Righetti ad esso annesse e ad annunciare il cortile d’ingresso dominato da un grande pulcinella bronzeo che ne esalta l’armoniosa facciata attraversata da una galleria che lascia intravedere il bosco ed i giardini che tutta la circondano. Villa Bruno è il fiore all’occhiello di San Giorgio a Cremano. La sintesi della grandezza aristocratica e della laboriosità industriale ante litteram oltre che luogo eletto per la generosità della natura disposta alle sue spalle come un prezioso mantello. … Qui ferve l’anelito alla cultura che ne definisce l’identità mentre la proietta oltre i suoi confini. Qui si ritrova l’orgoglio e la volontà ad esser comunità. Qui si custodisce il passato e si celebra il presente e si lascia fluire nel tempo sempiterno lo spirito del suo figlio prediletto, Massimino Troisi. Con Maria, presidente della proloco, una solida consuetudine a lavorare per la collettività non solo locale, il volto raggiante nella leggiadria che tutta la avvolge, ripercorro l’epopea di Troisi… i suoi cimeli, il suo impianto stereo, il pallone e la sua tenuta da calciatore, le sue foto da bambino e da adulto… il suo divano su cui, curioso e disincantato, stanco e generoso, circondato dai suoi amici o in intima solitudine, si lasciava andare ad ascoltare quel cuore imperfetto eppure straordinariamente ardimentoso… più in là la foto con Gianni Minà, il giornalista che sapeva arrivare al cuore degli uomini, a ricordare l’intervista memorabile, mai dimenticata e mai dimenticabile. Mi indica i copioni dei suoi film e le sedie da regista da cui dava il ciak ai suoi film e poi la bicicletta del Postino, suo capolavoro, e la maschera drammatica del suo viso all’apice della sua vicenda umana oltre che artistica, tutta intrisa di poesia e di senso misterioso e direi religioso della vita che, inesorabilmente, si andava spegnendo davanti ai suoi occhi consapevoli. 

 

E davanti ai suoi ritratti, davanti a quel volto scavato dalla passione e dal mistero penso che la dimensione drammatica del suo essere é tale da collocarlo tra gli emuli della grande tragedia greca, lui che al dramma era approdato attraverso la percezione ironica, disincantata, comica addirittura della vita. In laico eppur devoto pellegrinaggio raccolgo il racconto di Maria mentre attraversiamo il pian terreno di Villa Bruno e sento come un privilegio la possibilità di sedere nella sala a lui dedicata a parlare del miracolo e del mistero di Partenope… Mi aggiro per i molti ambienti… salgo al piano superiore dove é allestita una bella mostra di dipinti sei/settecenteschi provenienti dalla chiesa di San Giorgio antico… Francesco Solimeno e le tele degli allievi della scuola di Luca Giordano, il sacrificio di Isacco di Battistello Caracciolo, straordinario epigono di Caravaggio, scandiscono, tra le molte e preziose opere, questo itinerario della memoria di San Giorgio a Cremano che ne segna il percorso culturale … Mi dice Aldo, un signore asciutto e snello aduso alle arrampicate vesuviane, architetto e già sindaco della città, che è proprio la memoria il banco di prova della nostra scommessa sul futuro. A cominciare dalla memoria della lingua. Come non essere d’accordo… Ne discutiamo con Italo e Cesare che, di recente, han curato un saggio collettivo sulla memoria del Mezzogiorno e con le signore e signori che hanno partecipato al racconto imbastito intorno al divenire di Partenope … Continuo il mio giro con Francesco Saverio dopo l’incontro intenso, pieno di emozioni e suggestioni con i lettori a raccontare “L’altra faccia di Partenope”. In fondo alla galleria che disegna l’impianto della villa si apre un grande salone. É illuminato. L’armonia di un coro di superbe voci femminili che sta provando ci raggiunge e noi la inseguiamo. Sono un gruppo di ragazze e signore che stanno provando…é forte la sensazione che qui la memoria é viva e indica solidi sentieri di speranza avvolti nella bellezza.

Proprio nel grande spazio dove risuonano le voci intessute di inattesa bellezza, la fonderia Righetti di Villa Bruno creava capolavori di arte. Qui venne fuso il monumentale Pulcinella dell’ingresso e furono fusi i cavalli bronzei di Canova destinati a celebrare i trionfi di Napoleone e finiti invece per consacrare in piazza Plebiscito a Napoli il ritorno dei Borbone. …Così va la storia, commenta accanto a me un magico Troisi apparso all’improvviso, intento ad aggirarsi anch’egli, con la maschera di Pulcinella, tra l’incanto dei meandri di Villa Bruno. Ed è proprio con un omaggio a Troisi che mi accomiato da San Giorgio. Lungo la strada cittadina del ritorno a Napoli chiedo a Francesco Saverio di accostare, fermarsi un momento. Lo fa paziente e con qualche imbarazzo alla sua guida oltre che con qualche problema al traffico dietro di noi. Davanti a me vi è la casa del grande attore. Un murale lo ritrae nella sua maschera sofferente e sognante, rassegnata e dolcemente indomita del Postino. Il suo film postumo che avrebbe meritato decisioni più coraggiose, oltre oceano, la notte degli Oscar allorquando troppa gente si spaventò davanti alla potente umanità della sua poesia e chiuse gli occhi timorosa di farsene illuminare oltre che di lasciarsene inebriare… Ai piedi del murale, il “Postino” con la sua bicicletta sta per muoversi. É tempo di andare, Pablo attende e l’amore scalpita. Benvenuta poesia. Ben trovata San Giorgio a Cremano scrigno della memoria e custode di quella poesia.