Carmelo Conte non è stato solo Sindaco, Vicepresidente della Giunta Regionale della Campania, Deputato al Parlamento nazionale, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministro delle aree urbane, presentatore e relatore di importanti leggi, tra le quali: Legge 219/1983 (interventi per le zone colpite dal terremo-to del 1980) e la Legge 64/1986 (sviluppo del Mezzogiorno), ma è stato ed è anche un acuto osservatore dell’evoluzione sociale, economica e culturale del Mezzogiorno e del Paese. Le sue riflessioni trovano un nuovo spazio nel suo ultimo libro “Il vento del Sud”. Nella prefazione del libro Claudio Signorile dice: “il tempo della politica è giunto. Gli interessi dei Mezzogiorno sono gli interessi del Paese: cominciano a capirlo gli opinionisti più attenti dei politici e meno ottusi; gli imprenditori più coraggiosi; i giovani che vogliono bene al Sud. Si vanno definendo le condizioni di un nuovo scenario politico: per il governo e la sua maggioranza; per l’opposizione ed i suoi protagonisti. In questo scenario politico il Mezzogiorno deve scegliere i suoi interlocutori sulla base degli interessi del Sud. E per farlo deve agire come soggetto politico: fino in fondo. I libri segnano la strada da percorrere e danno la materia che giustifica il cammino. Un popolo in movimento per un rinascimento euromediterraneo, è questo il messaggio da comprendere ed accettare come destino.”.
Il saggio di Carmelo Conte si inserisce a pieno titolo in questo pensiero il cui richiamo lo troviamo nella frase di Leonardo Sciascia, all’inizio del volume. Un libro che ad ogni rilettura delinea nuovi percorsi di pensiero, fantasticando sull’uso sciasciano di un “Cruciverba” per intersecare il vento del Sud, con un passato che non passa. Sicuramente è un libro che si può insaporire usando “le caramelle”, come fa Robert Musil per i frammenti dei suoi diari. Questo libro va visto sotto diverse prospettive, letterarie, storiche, economiche e sociali. Sotto il profilo letterario si caratterizza per una elegante scrittura, con divagazioni di tipo proustiano che alleggeriscono il lungo e travagliato excursus storico, vissuto in prima persona dall’autore. Un lungo viaggio tra eventi e fatti che tra loro sono legati dall’evocazione della Resistenza e ispirati a un famoso articolo di Pietro Nenni, sul Vento del Nord, nel quale Nenni stesso sosteneva che “la grande lotta per la Libertà”, condotta nell’immediatezza della Resistenza, si sarebbe diffusa anche al Sud. Carmelo Conte, citando le quattro giornate di Napoli e i fatti di Salerno, di Eboli e di Caserta, cui l’ex ministro socialista ha preso parte, ricorda che “quei giorni” hanno fatto sì che nel Mezzogiorno si insediasse la Democrazia, non a caso la prima seduta del nuovo governo si tenne a Salerno. Un percorso tuttavia interrotto dall’annus horribilis, il’92, in cui si verificano per il Paese una serie di eventi negativi, lo “tsunami” che investe la politica, la cosiddetta tangentopoli, la svalutazione della lira, l’avvio della vincolistica europea con l’approvazione del Trattato di Maastricht, per cui l’Italia non era ancora pronta e le privatizzazioni selvagge che minano anche gli assets strategici del Paese.
Alcune pagine del libro sono dedicate al meeting svoltosi sul panfilo Britannia, che costituì l’anticamera per la politica delle privatizzazioni. Come conseguenza della paralisi della classe politica, il Sud arretrò ulteriormente, il sistema bancario meridionale venne desertificato a vantaggio di quello del Centro-Nord e il Paese si privò di centri decisionali importanti. Queste riflessioni innestate in una prospettiva storica, si ripropongono oggi con la questione dell’Autonomia differenziata al centro del dibattito politico, che vede protagoniste le Regioni, e non i Comuni e il territorio. Un grosso rischio non solo per lo sviluppo economico del Paese, ma per la stessa tenuta della democrazia. “ Il Vento del Sud, il Moto della Storia” è un libro necessario, perché cerca di interpretare i fatti attraverso la ricerca della verità storica, arrivando alla reale comprensione degli eventi ultimi. Dal Mediterraneo e dal Sud Italia in particolare, è forte la spinta a ricostruire una forza politica progressista, per essere protagonisti di una nuova Europa. Occorre una forte coesione sociale che sia ispiratrice di una nuova stagione politica che rivendichi il giusto diritto di rappresentanza ed esprima una nova legge elettorale, che privilegi in termini geopolitici il cammino Sud Nord e non solo più quello Ovest Est.
«Il Mezzogiorno – scrive Conte – è un insieme culturale, sociale e territoriale di frontiera, proteso ad arrampicarsi sulle Alpi per rincorrere il proprio futuro, un errore storico: deve rimpossessarsi del Mediterraneo, il luogo della sua storia, fondativo per l’Italia e per l’Europa». Per concorrere al futuro bisogna vivere la storia al presente. “Il passato che non passa” contiene il senso delle necessità storicizzate e delle necessità future, quelle della nostra etnia, quelle della nostra patria, quelle della nostra comunità, quelle dei nostri ideali e della nostra ideologia, e quelle della politica intesa come filosofia naturale, in cui spazio e tempo assumono i caratteri del “futuro anteriore”. Ma il Mezzogiorno è anche quello di cui parlavano Salvemini con “le moltidutini inerti” e “le oligarrchie paralitiche”, la visione della classi dirigenti di Dorso presi nella dialettica degli interessi di classe sia della competizione sociale”. Occorre rilanciare nuove azioni facendo rivivere la memoria di illustri italiani che hanno costruito la democrazia nel nostro Paese.
Evocare, per un socialista, Turati, Nenni e Craxi; per un democristiano, Dae Gasperi e Moro; per un comunista, Togliatti e Berlinguer; per un liberale, Einaudi, e per un repubblicano, La Malfa, non significa soggettivizzare il passato, ma cogliere la genesi del futuro. Il Mezzogiorno è un insieme culturale, sociale e territoriale di frontiera, proteso ad arrampicarsi sulle Alpi per rincorrere il proprio futuro, un errore storico: deve reimpossessarsi del Mediterraneo, il luogo della sua storia, fondativo per l’Italia e per l’Europa. “Guerra e Pace” sono due misteri irrisolti dell’umanità, rispetto ai quali, oggi, l’Europa sta dalla parte giusta, ma non sta facendo “bene” la “cosa giusta”: il suo obiettivo dovrebbe essere vincere contro l’invasione in Ucraina, non sconfiggere la Russia, come sembrano volere Usa e Inghilterra.
“Con Carmelo Conte, di profonda cultura ed esperienza sociale e socialista, è da condividere l’idea che per affrontare e vincere le sfide del presente e del futuro è necessario un forte processo identitario recuperando le radici e la memoria storica affinché si possa dar vita ad una nuova “resistenza contro le sopraffazioni del capitalismo territoriale”, che oggi è una minaccia per l’Italia unita e democratica. Quel regionalismo, nato male e che ha dimostrato nel tempo di non perseguire gli obiettivi per cui era nato, un regionalismo che non ha portato bene al Paese e che è diventato ipertrofico, infettando anche la Costituzione come un virus con la modifica del Titolo V. L’autonomia differenziata proposta con la riforma Calderoli è, infatti, un pericolo per il nostro Paese perché lede i principi di solidarietà definiti nella nostra Carta Costituzionale, determinando sperequazioni tra le regioni del Nord e quelle del Sud con evidenti spinte disgregative a favore delle aree più ricche della Nazione, che rischiano di frantumare l’Italia in 20 repubblichette o baronie”. Vorrei chiudere questa recensione con la citazione di una frase di Einaudi contenuta nel libro: Chi cerca rimedi economici a problemi economici, è sulla falsa strada, la quale non può condurre che al precipizio. Il problema economico è l’aspetto e la conseguenza di un più ampio problema spirituale e morale.
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