Il Mezzogiorno si è svegliato e sta reagendo in maniera civile e democratica al disegno di autonomia differenziata, nota anche come secessione dei ricchi, portata avanti dal Ministro Calderoli sulla base di alcune istanze di Regioni del Nord Italia. Nesun rispetto dei diritti di pari cittadinanza e nessuna considerazione di come possa aggravarsi il gap fra il Nord e Sud del Paese. Dal 1990 in poi con i Quadri comunitari di sostegno si porta avanti una politica di coesione, confermata anche dai principi del Next generatione EU, anche se non declinati in maniera corretta nella sua attuazione, invece con l’autonomia differenziata si promuove la non-coesione sociale. La società civile, i media, le Istituzioni regionali, i Comuni in gran parte del Sud hanno dichiarato il loro no alla proposta di legge che non solo interpreta in maniera non corretta e integrata il dettato costituzionale, ma tende a confondere i piani della politica con quelli di una efficiente ed efficace amministrazione. Inoltra sembra ignorare anche la legge 42 del 2009 sul federalismo fiscale. Disegno incoerente che parte dalla modifica del titolo V della Costituzione avvenuta in maniera sconsiderata nel 2000 e senza una visione corretta dello sviluppo futuro del Paese. In più, di questo famosto titolo V se ne fa una lettura isolata e letterale, volendo ignorare la coerenza di tutto il corpo costituzionale. Il 17 novembre 2022 vi è stato un confronto vivace in sede di Conferenza Stato Regioni fra i diversi Presidenti di regioni e si è registrato da parte delle Regioni sostenitrici del progetto, in particolare Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, una maggiore prudenza nell’attuazione del disegno di autonomia differenziata. Finalmente anche il PD ha preso posizione rivendicando la bontà della loro proposta varata un anno fa. Lo stesso Presidente Bonaccini, uno dei sostenitori dell’autonomia differenziata, manifesta maggiore cautela non solo sulle garanzie economiche per assicurare le pari opportunità nei diversi territori, ma anche su alcune tematiche come la scuola. Inoltre molte associazioni professionali e produttive hanno manifestato la loro contrarietà al disegno di legge proposta. Possiamo essere soddisfatti?? No !! Non possiamo essere soddisfatti perchè l’autonomia differenziata resta una mina vagante, tesa a incrementare ulteriormente un regionalismo che negli anni non ha prodotto i risultati che tutti speravamo.
Se si guardano ai principali indicatori regionali, compresi quelli sulle illegalità, a partire dal 1970 è evidente che tutti questi risultati migliorativi non vi sono stati, salvo quelli dovuti ai naturali effetti epocali di trascinamento sociale ed economico. Anche le cosidette regioni a Statuto speciale hanno dimostrato di non migliorare l’efficacia e l’efficienza delle loro azioni, salvo qualche rara eccezione facilmente interpretabile. Ma quello che più lascia perplessi è l’invocazione con funzione salvifica dei Lep o di fondi perequativi, che tutti cercano da più di 22 anni ormai. Pannicelli caldi per un Paese che ha rinunciato a trovare soluzioni nel suo sviluppo futuro. E’ stato più semplice studiare il genoma umano, che i Lep. Il tema non è solo quasi assente nella lettaratura scientifica sull’argomento, salvo su alcuni aspetti della scuola. Anche importanti istituzioni pubbliche come Istat o Banca di Italia non si sono cimentate sul tema. Il problema resta quello di come razionalizzare in maniera giusta ed equilibrata la spesa storica che ha creato in molte comunità del Nord del Paese una rendita di posizione ultradecennale, a cui difficilmente vorranno rinunciare. Allora il problema del Paese resta non la divisione fatta con il bilancino delle risorse già esigue, dati la perdita di competitività dell’intero Paese e i noti vincoli di bilancio, ma bisogna ritrovare una unità per far crescere lo sviluppo in maniera integrata e coerente. Occorre una grande riforma istituzionale, fra cui anche la riforma del titolo V della Costituzione come proposta recentemente da un insieme di studiosi fra cui il costituzionalista Massimo Villone con una legge di iniziativa popolare. Bisogna liberare il paese da troppe visioni localistiche ed esprimere strategie nazionali in una visione europea e mediterranea. Il Sud può essere il centro di una strategia mediterranea e di rapporto con l’Africa non solo del Paese ma dell’Europa, se l’Italia decide di non essere essere solo ospite di questo mare, ma un protagonista in collaborazione con altri paesi della sponda Sud.
Bisogna potenziare nel Mezzogiorno i centri decisionali culturali, produttivi finanziari, Istituzionali, realizzando finalmente i famosi corridoi europei che sono rimasti solo un bel progetto grafico. Di tutto questo, dopo l’incontro della Conferenza Stato Regioni, se ne discute il 19 novembre nell’ambito di un convegno che si svolge nell’agro nocerino sarnese, un territorio al confine fra la provincia di Napoli e Salerno, a cui ne seguiranno degli altri per rendere consapevole e responsabile del loro futuro le comunità e i territori. Il Sud deve diventare maggiormente responsabile del proprio destino, trovando una nuova coesione sui grandi temi dello sviluppo. Il Paese si salva partendo dal Sud. Ci ritroviamo ancora oggi, in maniera anacronistica, a mettere in discussione le idee e le azioni che portarono all’unificazione, realizzata male, del Paese, ma necessaria per essere una nazione nel contesto europeo. Il convegno vede la partecipazione di Adriano Giannola Presidente dello Svimez, di Francesco Saverio Coppola segretario generale dell’Associazione Internazionale Guido Dorso, del saggista e professore universitario Pietro Massimo Busetta, autore del libro il Lupo e l’Agnello e della costituzionalista Anna Falcone, moderati dal giornalista Agostino Ingenito.
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