“Questa specie di nave corsara che è stata la Sicilia, col suo bel gattopardo che rampa a prua, con i colori di Guttuso nel suo gran pavese, con i suoi più decorativi pezzi da novanta cui i politici hanno delegato l’onore del sacrificio, coi suoi scrittori impegnati, con i suoi Malavoglia, con i suoi Percolla, con i suoi loici cornuti, coi suoi folli, coi suoi demoni meridiani e notturni, con le sue arance ed il suo zolfò e i suoi cadaveri nella stiva, affonda amico mio, affonda.” Così Sciascia, per bocca del prof Laurana descrive la Sicilia in “A ciascuno il suo”.
Si purtroppo se non affonda e perché Colapesce continua a rimanere a reggere una colonna che si è rotta ma anche perché sta diventando sempre più leggera perché la gente se ne sta andando. 25.000 siciliani ogni anno lasciano per sempre l’Isola e sarà anche peggio dopo questa grande epidemia” Le previsioni dell’assessorato all’economia siciliana nel DEF che prevedono un meno 8% per il 2020, peraltro sottovalutato per i dati di Diste Consulting riportati nel suo ultimo report semestrale di cui viene riportata una sintesi, sono anch’essi drammatici. Anche se é complicato prevedere il crollo che vedremo non appena le attività potranno ripartire non vi é dubbio che già prima della pandemia la nostra era una economia allo sbando. E che nulla di veramente nuovo si sta facendo per cambiare direzione del percorso.
Gestiamo l’ordinario mentre siamo sull’orlo del baratro, le Zes ancora stentano a partire, il collegamento con l’Italia con l’alta velocità è rinviato sine die, il porto di Augusta che potrebbe diventare il concorrente di Tangeri langue nella sua inoperosità, il ponte sullo stretto cancellato da Mario Monti diventa sempre più una via di fuga, un’araba fenice, che non sarà mai realizzato. Mentre la gestione della pandemia ci sta dando dati tra i peggiori dell’Italia, il 30 siamo riusciti a superare pure la Campania per contagiati. Ma come per il Paese sembra che tutti siano pronti a dire “tutto va bene, madama la Marchesa“.
REPORT Sicilia 52° edizione: Se non ora quando?
Il report è elaborato dalla Diste Consulting dal 1995 ed è alla 52° edizione. Il rapporto è stato presentato a Palermo il 4 dicembre 2020, ha aperto i lavori Alessandro La Monica Presidente del Diste Consulting. Il seminario ha visto la partecipazione di Maurizio Caserta, Università di Catania, di Gianmarco Costanzo imprenditore, di Adriano Giannola Presidente Svimez e Amedeo Lepore, Università Vanvitelli Campania. Ha concluso i lavori l’economista Pietro Massimo Busetta coordinatore Comitato scientifico.
Una Sintesi
L’economia siciliana è afflitta da una grave e persistente recessione. Ma non è tutta colpa del Covid-19. Semmai il nuovo virus ha peggiorato la situazione. Un altro virus corrode da tempo le fondamenta del sistema produttivo rendendolo meno resiliente alle crisi. L’emergenza sanitaria e gli strumenti europei messi a punto per il rilancio possono rappresentare un’opportunità unica per adottare soluzioni coraggiose, che abbiano ragione di problemi che possono sembrare senza vie d’uscita. È tempo di osare, per impedire che dopo il Covid-19 si torni come prima.
Già prima dell’invasione del Covid-19 l’economia era adagiata sul fondo di un ciclo recessivo durato quasi ininterrottamente dal 2008, le cui ricadute poco lusinghiere sono visibili dalle statistiche. Non destano dunque sorpresa le conclusioni di questo Report, che attraverso una analisi delle informazioni statistiche disponibili delineano uno scenario economico deturpato, più di quanto lasciavano intravedere le modalità del lockdown della scorsa primavera. Al momento serpeggia una grande inquietudine sull’incubo Covid-19, tornato prepotentemente alla ribalta sul finire dell’estate, e sull’impatto che le rigide misure selettive possono avere sulla tenuta delle imprese e delle famiglie già piegate da quasi un anno di restrizioni. L’incertezza sull’intensità e la durata dell’emergenza rendono le stime di previsione fortemente aleatorie, ma indicative della carica letale sull’economia finora dimostrata dal virus.
Le proiezioni di consuntivo dell’anno in corso elaborate dal Diste prefigurano un crollo del prodotto interno lordo del 12,5% in termini reali e una perdita in termini monetari di 11,7 miliardi di euro rispetto al 2019. Il PIL per abitante è previsto ridursi a 15.749 euro, 2.250 euro meno dell’anno passato. L’emergenza sanitaria ha ricadute pesanti su domanda e produzione, mentre per il momento e parzialmente ha risparmiato il mercato del lavoro, in virtù del blocco dei licenziamenti e dei massicci interventi della cassa integrazione.
I consumi delle famiglie arretrano dell’11,8% in volume e registrano una perdita su base monetaria di 8,3 miliardi. L’ammontare dei consumi per abitante scende a 12.467 euro, 1.588 euro meno dell’anno prima. Le misure di sostegno all’occupazione e al reddito hanno arginato lievemente la caduta dei consumi, ma non hanno impedito un aumento della povertà. Secondo valutazioni preliminari del Diste, nel 2020 l’area della povertà si sarebbe ingrandita a circa un quarto dei due milioni di famiglie residenti. Il forte shock subito dalle imprese ha innescato una contrazione degli investimenti, allarmante per i beni strumentali previsti in caduta del 18,7%, pari a 1,1 miliardi di euro. Per gli investimenti in costruzioni la flessione è limitata al 7,8%, frenata dal rimbalzo estivo sostenuto dai superbonus e dalla prospettiva di rilancio infrastrutturale; il calo della spesa è di 530 milioni.
Il ramo di produzione più danneggiato è quello dei servizi, che sconta una caduta del valore aggiunto del 13,6% trainata dalla voragine delle attività collegate a turismo, ristorazione, commercio, attività artistiche e spettacoli. Il comparto degli alberghi e ristorazione ha franato più di tutti (-46,7%), spinto dalle chiusure di primavera riproposte in autunno: la perdita monetaria è di 1,5 miliardi. Decurtati anche i conti del commercio, da un crollo del valore aggiunto del 41,4% e da un deficit di 4,1 miliardi. Nella manifattura è attesa una flessione dell’11,4% e una perdita di 550 milioni, nelle restanti attività industriali – fornitura di elettricità, gas, acqua, ecc. – si stima un calo del valore aggiunto del 4,5%, pari a 100 milioni. Per il ramo delle costruzioni la discesa del valore aggiunto è prossima al 7,9%, con una flessione monetaria che sfiora i 250 milioni. L’agricoltura subisce una regressione del 2,1% e un passivo nel complesso modesto.
Sul mercato del lavoro lo stop ai licenziamenti e la riduzione dei tassi di partecipazione hanno frenato per ora la flessione dell’occupazione a un -3,2%, e determinato una discesa del tasso di disoccupazione dal 20,0% al 17,0%. Quanto alle prospettive per il 2021, la profonda incertezza sulla evoluzione a breve termine della curva epidemiologica ha suggerito l’elaborazione di due scenari, che ipotizzano in ogni caso un’inversione di tendenza a partire dalla primavera, animata da una moderazione della pandemia. Nell’ipotesi più favorevole – che il gruppo di lavoro addetto alle previsioni ritiene maggiormente attendibile – il prodotto interno lordo è stimato crescere del 4,2%, pari a una ripresa monetaria di 3,5 miliardi di euro, mentre il PIL per abitante risale a 16.549 euro guadagnando 800 euro rispetto al 2020.
I consumi delle famiglie crescono del 4,9% e lievitano di circa 3,0 miliardi; l’ammontare della spesa pro capite giunge a 13.158 euro recuperando 690 euro sul 2020. Gli investimenti in costruzioni aumentano del 6,7% e ritrovano 500 milioni mentre per gli investimenti in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto il rilancio più moderato (+3,9%) consente di riassorbire quasi un quinto del deficit precedente. Tra i grandi rami di produzione i servizi accelerano a un +4,1% sostenuto dai recuperi del commercio (+18,4%) e delle attività alberghiere e di ristorazione (+20,9%). Nel segmento di produzione di beni, il valore aggiunto cresce del 5,2% nell’industria, del 6,5% nelle costruzioni e del 2,0% in agricoltura, zootecnia e pesca.
Per il mercato del lavoro, a tutto marzo “schermato” dal prolungamento della Cig e dal blocco dei licenziamenti, si profila una flessione dell’occupazione del 6,6% – soprattutto per le componenti femminili e giovanili impegnate in lavori di basso profilo nei comparti legati al turismo alloggio ristorazione e commercio – e un aumento al 21,9% del tasso di disoccupazione. Nell’ipotesi meno positiva il recupero del PIL è previsto aggirarsi intorno al 2,9% in termini reali, sintesi anche qui di andamenti settoriali in ripresa estesi a tutti gli indicatori sottoposti alla previsione. Mentre nella versione più ottimistica descritta più sopra il differenziale negativo tra il 2021 e il 2019 è dell’8,8%, in questa versione il distacco risulta moderatamente più accentuato e prossimo al 10%. Quindi il PIL pro capite arretra a 16.335 euro, mantenendo un divario rispetto al 2019 di 1.664 euro contro i 1.449 euro della versione più favorevole.
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