Dal 25 al 30 novembre a Palermo si sono svolte Le Giornate dell’economia, un dibattito economico sul Paese, visto da Sud. Organizzate dal Dipartimento studi territoriali (DI.S.TE.) e dall’Istituto Esperti Studi Territoriali (IS.ES.ST.). Le Giornate trovano nella città di Palermo e nel Mezzogiorno sponde importanti, a livello locale il Comune, L’Irfis, la Gesap, l’Amat, la Università Statale, l’Assemblea Regionale Siciliana, mentre a livello meridionale l’Osservatorio Banche e Impresa di Bari, (O.B.I.), con il suo presidente Salvatore Matarrese e il direttore Antonio Corvino, l’Associazione Internazionale Guido Dorso di Napoli con il suo presidente Nicola Squitieri e il segretario generale Francesco Saverio Coppola, e la Svimez, con il suo presidente Adriano Giannola. Il tema “1860-2030, un Paese o due” rappresentato sulla locandina da un Garibaldi con una parte ombrata ed una messa a fuoco, evidenzia come l’Unità d’Italia, ancora a 160 anni dalla “epopea dei Mille” non si è ancora completata, e che forse difficilmente si completerà.
Una settimana di dibattiti, 100 oratori coinvolti, 20 sessioni, 10 location diverse, oltre 50.000 visualizzazioni delle sessioni sui social. Questa è stata la dodicesima edizione ma in realtà l’evento parte nel 1987, con un osservatorio congiunturale al quale parteciparono, tra gli altri, Enzo Cipolletta, Roberto Ruozi, Luigi Spaventa, Giacomo Vaciago. I temi discussi sono quelli che alimentano il dibattito nazionale con qualche incontro più “originale” come quello che vede confrontarsi studiosi e centri di ricerca per il futuro del Mezzogiorno o quello che cerca di individuare i soggetti e le forze politiche che possono caricarsi di affrontare la problematica di un Paese spezzato e che continua a perdere posizioni rispetto all’Europa. Su questi temi si sono avute diverse sessioni e relazioni, tra le altre ricordiamo quella di Giuseppina Talamo, docente a Enna, sul credito e sviluppo del territorio, la relazione di Luca Paolazzi, partner di Ref ricerche sulla distribuzione della povertà, la riflessione sul futuro dell’economia e le previsioni sulle elezioni americane e sulla Brexit di Andrea Boltho dell’Università di Oxford, l’intervento del prof. Antonio Barone, ordinario di diritto amministrativo a Catania, che ha affermato la illegittimità costituzionale di tutte le azioni messe in atto dal legislatore relativamente al progetto di autonomia differenziata proposto dalle Regioni del nord.
L’operazione verità portata avanti dal Quotidiano del Sud ha visto confrontarsi Giannola, presidente della Svimez con il direttore del giornale Roberto Napoletano ed il vicepresidente della Regione Sicilia nonché assessore all’economia, Gaetano Armao. E’ stara ribaltata la vulgata, che ha imperversato su tutti i quotidiani nazionali, su tutti i media, e che veniva riproposta dai maggiori uffici studi, dai più seguiti politologi ed opinionisti, dagli imprenditori, dai sindacati: la vulgata di un Sud sprecone, che sottrae risorse dal Nord, che merita quello che ha. Da quando vi è stata l’accelerazione sull’autonomia differenziata dei Presidenti delle regioni del Nord, i Fontana, Zaia, ed anche di Bonaccini, la levata di scudi di una serie di istituti meridionalisti, come Svimez, l’A.I.M. (l’alleanza di alcuni Istituti meridionalisti), di alcuni giornalisti meritori come Marco Esposito con il suo “Zero al Sud” ed in prima fila il Quotidiano del Sud che ha rivelato e quantificato lo scippo del Nord verso il Sud, seguito poi dai media nazionali.
La problematica dei due Paesi è diventata centrale nel dibattito nazionale. Ci si è chiesto come mai invece di parlare dei livelli essenziali di prestazione (LEP) si sono date le risorse in base alla spesa storica, per cui chi aveva speso di più ha continuato a ricevere di più, perpretando quello scippo che si dimensiona inoltre 60 miliardi annui. Ormai le risultanze relative alla operazione verità sono diventati atti parlamentari malgrado gli effetti che non sono quelli di una restituzione delle risorse sottratte al Sud. In sintesi un ripensamento e una critica del modello Paese, dalla teoria della locomotiva e dei vagoni, a quella del gocciolamento che ha portato povertà al Sud e la retrocessione del Paese tra gli ultimi dell’Unione. Un debito pubblico tanto elevato non permette di avere risorse per riunificare veramente lo stivale. Solo per la dorsale di alta velocità ferroviaria per completare il sistema arterioso e completare il corridoio 1, il cosiddetto Berlino-Palermo, ci vogliono oltre 30 miliardi. Anche se si partisse subito i tempi necessari per far rientrare il Paese nei grandi circuiti mediterranei saranno molto lunghi e nel frattempo bisognerà confrontarsi con altri competitors che non sono rimasti fermi, in un Paese che è sempre più spaccato con un Mezzogiorno che dice “o mi sviluppi o mi mantieni”.
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